Un po' di smarrimento lusinga la vanità di un’urna, che si sente allora più forte...Con la mancata frequentazione si perde la propria importanza di elettore e questo viene ad essere un ottimo mezzo negativo per neutralizzare la distanza con le urne. Ogni tanto ho fatto balenare ad un’urna la possibilità di un mio accostamento alla sua fessura, ma poi mi sono ritratto, con grande mia soddisfazione e con grande sua delusione. Gli elettori inesperti si servono di metodi non leali, ma che cosa ottengono? Chi non sa tenere sotto il proprio fascino un’urna, al punto che essa non desideri altro che di essere penetrata da una scheda votata, è un buono a nulla. Non gli invidio i suoi godimenti. Un tale elettore rimane sempre un inetto e questo di me non si può dire.
Molte urne hanno nel cuore un'immagine indefinita di nebbia, che dovrebbe essere il loro ideale, e su questa misurano ogni oggetto del loro amore. Certo io non appartengo e non voglio appartenere al numero di quegli elettori che amano le urne per stima, le sposano per stima e per stima mettono dentro di loro delle schede.
Vi sono tante amabili urne che si annoiano terribilmente nella stanza dove sono allocate in attesa di elettori il cui numero diminuisce sempre di più e che non attendono altro che un elettore qualunque venga a trarle da quella monotonia!
Io non mi lascerò attrarre e sedurre. La percentuale di possibilità che io vada a trovare un’urna nella sua istituzionale alcova è pari allo zero, almeno per quanto riguarda le elezioni regionali. Com’era mio dovere, ho dato una scorsa all’elenco dei candidati, come presidenti di regione e come consiglieri. Mi sono ritratto inorridito, o quasi. Come un seduttore che appunti sul suo calepino le prestazioni e le magnificenze delle sue sedotte, come un vecchio professore di liceo che prepari le schede di valutazione e il giudizio finale, espresso anche con un voto, sui propri allievi da ammettere all’esame o da promuovere o bocciare, come un elettore che cerchi negli elenchi dei candidati un “principio di ragion sufficiente” per tornare a depositare una scheda nelle oscene visceri di un’urna, apporrò qui di seguito alcune note e alcuni voti, limitandomi ai soli di cui ho una diretta e personale conoscenza.
PRESIDENTI:
Chiodi Giovanni: una delle mie più grandi delusioni. Non lo votai, ma mi compiacqui, anche personalmente con lui, per la sua vittoria su Costantini. Poi, a poco a poco, la sua figura nella mia considerazione si è spenta, l’ho visto pieno di sé quanto più dal di fuori lo svuotavano di significato in un contenitore di vino inacidito come quello di Forza Italia. Inquadrato per mesi con metà della sua faccia fuori dello schermo televisivo, a fianco del suo mentore Silvio da Arcore, alla fine ha perso la faccia non tanto per questione di donne, quanto per i tagli alla sanità abruzzese, che lui dice, mentendo, di aver risanato. Perderà e lui lo sa, con lui perderanno i suoi sodali, quelli che lui ha privilegiato su tutti, trattandoli come amici di merende con cui spartire il pane e il companatico della scampagnata durata cinque anni. Voto: 4.
D’Alfonso Luciano. Vincerà, facile. Almeno pensa lui, ma lo pensano anche i suoi sostenitori e i suoi avversari. Nonostante non abbia sciolto tutti i dubbi sulla sua situazione giudiziaria, sui suoi rapporti personali da trapezista di un circo e forse di loggia, sui suoi equilibrismi e sui suoi giochi di prestigio, si comporta come se avesse già vinto, forse danneggerà la regione Abruzzo più di quanto ha fatto Chiodi. Anche lui ha i suoi compagni di merenda, con i quali si appresta a spartire il pane e il companatico di una scampagnata che durerà cinque anni. Voto: 4.
Maurizio Acerbo. Non lo conosco personalmente, ma in parte posso dire di conoscerlo, per avere seguito la sua attività sui giornali e sui vari siti internet. Fu il primo a presentare una interrogazione su Giustino Varrassi, chiedendosi se appartenesse alla massoneria. In seguito ha presentato altre interrogazioni e ha assunto altre iniziative di un certo rilievo ed interesse. Ovviamente il suo schieramento politico non ha per me alcuna attrattiva e non mi offre nessun elemento seduttivo per un eventuale ritorno al voto. Però personalmente c’è su di lui un giudizio positivo, di sufficienza. Voto: 6.
Sara Marcozzi. Non conosco nemmeno lei. Un giudizio sulla eventuale bellezza muliebre non avrebbe senso e lei certamente sarebbe la meno interessata in proposito. Un giudizio politico non mi è possibile. Non sono il solo a sapere poco di lei. Ne sanno pochissimo anche quelli che la voteranno e pare che saranno moltissimi, stando ai pronostici e, si dice, ai sondaggi. Pare che il voto di protesta che si indirizzerà verso la candidata pentastellata sarà massiccio. C’è chi parla di secondo posto e sarebbe una grande sorpresa, perché vorrebbe dire che il presidente uscente finirebbe terzo e sarebbe una sciagura per qualcuno dei suoi, che non sarebbe eletto o rieletto. Un certo fascino la pentastellata lo esercita anche su un elettore che ha fatto voto di castità come me, ma non sento alcuna crisi di astinenza e la percentuale della possibilità che io torni a votare sale solo di pochi punti, forse solo di pochi decimali. Non sufficienti a determinare il grande ritorno all’urna. L’urna dei forti, o Pindemonte… qui forti non se ne vedono e la compagnia di giro è sempre quella. Voto: n.c. (non classificato)
Non provo nessuna invidia per coloro che si recano gioiosi con la scheda elettorale in mano nel luogo dove si trovano le urne, per depositare il proprio voto, credendo di dover assolvere ad un dovere oltre che esercitare un diritto. Non provo alcun rimorso per non averlo fatto per anni, anzi, ho provato una grande soddisfazione etica ed estetica nel non sentirmi complice di scelte sciagurate che hanno indotto tanti altri a percorrere la stessa via della castità da me imboccata quasi venti anni orsono, dopo aver tanto a lungo avuto a che fare con le urne, sia giovani e seducenti che vecchie bagasce… S’io fossi Cecco, come io sono e fui, torrei le urne giovani e leggiadre e vecchie e laide lasserei altrui. Ma urne giovani e leggiadre non ce ne sono più, e anche Cecco, così come il Giovanni di Severino (è incredibile, ma questo vuol dire Sören) Kierkegaard di fronte alla sua Cordella, deve ripiegare le ali. Parigi, o cara, noi lasceremo…
Elso Simone Serpentini |