Il corrosivo del 23 dicembre 2014
Il "dialogo
impossibile"
Ricordo di aver letto e riletto i
libri e gli articoli
di quel geniaccio di Silvio Ceccato (1914-1997),
filosofo davvero originale quanto irregolare, di cui
tanto mi appassionavano gli studi sulla cibernetica e
sulla filosofia della scienza. Tra i tanti temi che
affrontò, uno risultava particolarmente intrigante,
quello della traduzione automatica dei testi letterari,
nel cui ambito teorizzava l’esistenza del cosiddetto
“dialogo impossibile”. Questo nonostante che quasi ad
ogni pagina ribadisse l’importanza del dialogo, sempre
da ricercare, per l’accrescimento della scienza oltre
che come esercizio di democrazia. “Se tu mi dai una
moneta e io ti do una moneta” egli sosteneva “ognuno di
noi ha una moneta. Se tu mi dai un'idea e io ti do
un'idea ognuno di noi ha due idee.” Dialogare e
scambiarsi informazioni era quindi importante, per lui,
anzi determinante e le ragioni del dialogo andavano
sempre ricercate.
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Ma…. ma… c’era
un “ma” grosso come una casa.
Per l’istaurarsi di un dialogo reale e concreto c’era bisogno,
precisava Ceccato, di una condizione preliminare: l’utilizzo da
parte degli interlocutori di un minimo di identità di codici
linguistici. Perfino tra un uomo e un animale poteva esserci
dialogo - e anche tra un uomo e una macchina cibernetica - ma
solo se si stabiliva una comunicazione biunivoca e
bidirezionale. Ognuno dei due soggetti doveva essere al tempo
stesso parlatore e ascoltatore, trasmettitore e ricevitore.
Nessun parlatore può dialogare con chi non ascolta, nessun
ascoltatore con chi non parla. Due trasmettitori non possono
dialogare tra loro e nemmeno due ricevitori. Ci sono perciò
condizioni che che rendono possibile il dialogo.
L’analisi del “dialogo impossibile”
che conduceva Ceccato era basata su considerazioni tecniche e
scientifiche, ancor prima che filosofiche. Un altro esempio di
“dialogo impossibile” che egli faceva era quello di un
trasmettitore e di un ricevitore che non operano sulla stessa
frequenza. Se si trasmette su una determinata frequenza delle
onde corte, non si può pretendere di farsi ricevere e
comprendere da chi è in ascolto su una determinata frequenza
delle onde medie. Assai spesso gli interlocutori che cercano di
dialogare tra di loro, senza riuscirci, è come se operassero su
frequenze diverse. Il dialogo è impossibile e si risolve in due
monologhi. Avviene lo stesso quando chi parla dà ai termini che
adopera significati del tutto diversi da quelli attribuiti dalla
comune opinione o comunque non riconosciuti da chi ascolta e che
è indotto dalla differenza di significato a comprendere cose
diverse da quelle che vengono dette e quindi a non interpretarle
nel modo corretto. Conseguentemente, nella sua risposta parlerà
non rispondendo a tono e dando a sua volta agli stessi termini
di cui ha sentito parlare significati diversi, propri, a loro
volta non riconosciuti dall’altro. Si ha così una interlocuzione
che non è una vera interlocuzione, un dialogo non reale e
concreto. La serie di equivoci e di incomprensioni che si
verificano danno la prova dell’impossibilità del dialogo.
Questa impossibilità è
assai più frequente di quanto si creda e ne ho la riprova
quotidianamente sia nella vita quotidiana sia sui social
network, dove tra post e commenti ci si trova davanti all’uso di
codici linguistici ed interpretativi del tutto differenti.
Un’altra riprova si trova “ad abundantiam” in questo stesso
blog, dove, non solo nella mia rubrica, tra l’articolo che viene
postato e i commenti che vengono pubblicati non c’è assai spesso
alcun collegamento e i “fuori tema” sono davvero molto comuni.
Tra cattive interpretazioni di quello che è stato scritto e
libere e fantasiose risposte del tutto scollegate al tema
trattato, c’è una vasta gamma di prove dell’impossibilità di un
dialogo.
Se Silvio Ceccato teorizzava sul
“dialogo impossibile” su una base scientifica e
cibernetica, Costanzo Preve (1943-2013) lo faceva su una base
filosofica e culturale. Nel suo libro “Verità e relativismo.
Religione, scienza, filosofia e politica nell'epoca della
globalizzazione” (Alpina Editore, 2006) ha scritto che “nulla è
più ridicolo e triste di un dialogo impossibile”. Il terreno sul
quale più comunemente si determina secondo lui un’impossibilità
di dialogo è quello religioso e si determina a causa del
mancato riconoscimento preliminare di legittimità. Le accuse di
impostura o di immoralità nichilista non permettono il dialogo.
Ma il “dialogo impossibile” può determinarsi anche sul piano
politico. Nella maggior parte dei casi si verifica quando si
promettono la distruzione futura e la messa fuori legge
dell’avversario e quando le posizioni dell’avversario sono
falsificate e sfigurate al punto da essere irriconoscibili
(fraintendimento diffamatorio). Nel primo caso uno dei due
interlocutori si pone nella posizione in cui è come se si
rivolgesse all’altro dicendo: “Io sono comunista (o fascista) e
per ora devo sopportarti perché una legislazione troppo liberale
ti tiene nella legalità, ma quando sarò al potere ti metterò
fuori legge”. Nel secondo caso ci si trova di fronte ad un
ragionamento di questo tipo: “Tu ti opponi alle basi militari
americane all’estero e giustifichi il fatto che un popolo invaso
dagli americani resista militarmente, ma allora sei
antiamericano e odi gli americani in quanto tali”.
Un’altra tipologia di “dialogo
impossibile” deriva, secondo Preve, da una
sovrapposizione di piani, come quando si sovrappone lo spazio
del dialogo filosofico allo spazio del dialogo religioso (o lo
spazio del dialogo filosofico a quello del dialogo scientifico),
quando si sa benissimo che i due spazi non sono sovrapponibili
in quanto qualitativamente non omogenei. In alcuni casi
l’impossibilità del dialogo assume, se e quando viene tentato,
aspetti grotteschi e tragicomici, come quando si sovrappone lo
spazio del dibattito ideologico a quello del dialogo filosofico.
Preve ha messo in evidenza che il dialogo
impossibile può determinarsi anche e perfino
nell’ambito prettamente e puramente filosofico, quindi senza
sovrapposizione di piani, ma sempre per una “illegittimizzazione
reciproca”, quando i partecipanti al tentativo di dialogo non
condividono i presupposti teoretici di fondo, come nel caso di
una contrapposizione tra materialisti e idealisti.
Ritengo che anche tra chi pubblica un proprio
scritto su un blog e chi posta i propri commenti allo scritto si
determinano molto spesso le condizioni di un “dialogo
impossibile”.
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