Capito su un post di un amico di Facebook
in cui leggo la proposta
di salvare la Coppa Intermania chiedendo un sostegno
economico ai cittadini, invitati a partecipare, a
compartecipare, qualcosa del genere. Non sono in
grado di essere più preciso, perché, come spiegherò,
non sono stato cancellato solo io, né è stato
cancellato solo quello che ho scritto io, il
cancellatore ha cancellato tutto, anche se stesso,
annullandosi e immolandosi, come se non avesse
scritto nulla lui, come se non avessi scritto nulla
io. Sono costretto a ricostruire a memoria, sulla
base di quello che ricordo. Dunque, leggo la
proposta e, da subito, non mi garba.
Come, mi chiedo, i teramani,
che già pagano tante tasse e balzelli, devono adesso
mettere mano al portafoglio per salvare la Coppa
Interamnia? Dopo che amministratori di varie
tendenze e correnti non sono riusciti a farlo,
preferendo spendere i soldi degli anni grassi per
super pagare dirigenti e funzionari e amici degli
amici assunti in ruoli apicali? Non resisto alla
tentazione di esprimere il mio commento e lo posto.
Un’altra amica ne posta uno suo, ricordando
all’estensore del post originario, la sua proposta
fatta in campagna elettorale (ma anche quella di
altri candidati alle recenti elezioni), di
“istituzionalizzare” la Coppa Intermania, quindi di
farne un evento cittadino di un ente cittadino,
finanziato con i soldi dei cittadini, ma non in
forma diretta, bensì attraverso la fiscalità e la
successiva gestione dell’ente pubblico.
La risposta
dell’estensore del post originale
è evidentemente seccata, per il commento mio e
quello dell’amica. Si sente piccato, rimproverato, e
non lo sopporta. Come ci permettiamo di ricordare a
lui e ad altri candidati le promesse elettorali? Io
mi spingo più in là e, quando l’amica chiede se
allora le cose dette in campagna elettorale non
valgano, commento: “Le campagne elettorali sono
fatte apposta perché i candidati raccontino le loro
favole a coloro che sono disposti a crederle”.
Non è questa la frase esatta, perché, lo ripeto, non
potendola rileggere, non posso riferirla
esattamente, ma questo era il senso. L’amica insiste
anche lei sulle proposte fatte in campagna
elettorale per salvare la Coppa Interamnia e poi non
portate avanti. Io aggiungo, lo confesso, altri
argomenti.
Dico
che i cittadini, che pagano già tante
tasse, non possono essere chiamati a mettersi le man
in tasca per contribuire direttamente a salvare la
Coppa Interamnia, domani il Premio Teramo (per il
quale pare che il Comune non abbia le risorse per
assicurarne la sopravvivenza), dopodomani per il
Castello della Monica e così via. Quando pago la mia
bolletta del gas, aggiungo, su 600 euro 300 sono per
il gas e 300 per finanziare la politica, e quando
pago la Tia, accade lo stesso.
Il “postatore iniziale” diventa
“postulante” e mi chiede: “Che
dovremmo fare allora? Suicidarci in massa?”
Motteggio e faccio notare che il filosofo Roberto
Ardigò si suicidò a 92 anni e che forse quel gesto
aveva un significato. Aggiungo ancora che, comunque,
sarebbe stato già importante che chi aveva promesso
di opporsi a Brucchi cominciasse a farlo.
Dopo aver scritto
quest’ultimo commento,
ho lasciato il pc per qualche minuto. Sono tornato
qualche tempo dopo, per verificare se alla
conversazione si fosse aggiunta qualche altra
battuta, se fosse arrivata qualche risposta, qualche
ulteriore contributo. Rimango sorpreso e
meravigliato quando, cliccando sull’indicazione
della sequenza delle notifiche dei commenti, mi
trovo davanti la notissima pagina :”Purtroppo
questa pagina non è disponibile. E’ possibile che il
link che hai seguito sia corrotto o che la pagina
sia stata rimossa”.
Sono incredulo.
Possibile? La
pagina è stata rimossa? So che le regole di Facebook
consentono la rimozione della pagina solo a chi ha
pubblicato il post iniziale, a chi ha dato inizio
alla conversazione. Chiedo in privato all’altra
partecipante e mi sento spiegare che, mentre ero
assente, l’autore del post iniziale si è lamentato
che noi, io e lei, “eravamo andati troppo
oltre”, che “avevamo deviato troppo” e che
perciò cancellava la conversazione. Rimango sempre
più perplesso e incredulo. Eravamo andati troppo
oltre? Avevamo deviato troppo? Non faceva prima a
dire che quello che stavamo dicendo non gli piaceva?
E che lui cancellava la conversazione perché non gli
piaceva quello che dicevamo noi? Non era più
corretto abbandonare una conversazione spiacevole e
non gradita, invece che cancellarla, annullarla, non
consentire ad altri di seguirla, di leggerla e di
farsi un giudizio?
L’altra amica,
sempre in privato, mi fa notare che
l’autore del post iniziale non voleva far vedere ad
altri quello che gli stavamo dicendo, si dice
scioccata, giustamente. Siamo stati considerati, io
e lei, come pericolosi. Difficile darle torto. Dice
di non tollerare di essere cancellata. Nemmeno io lo
tollero. Rispondo che ho una forte tentazione di
rimuovere il “cancellatore” dall’elenco degli amici
di Facebook. Cancellando la conversazione, è come se
avesse cancellato noi. Noi siamo le nostre parole,
chi cancella le nostre parole, dette o scritte,
cancella noi.
E’ stato per questo che ieri sera,
dopo averci pensato su, ho rimosso dall’elenco degli
amici di Facebook Gianluca Pomante. E’ lui l’autore
del post che ha dato l’avvio alla conversazione poi
cancellata. Chi tra i miei lettori fin qui aveva
pensato che io volessi ometterne il nome si è
sbagliato, forse non conoscendomi a fondo e non
sapendo che da tempo ho fatto mio il motto
aristotelico: “Amicus Plato, sed magis amica
veritas”. |