Il corrosivo dell' 11 maggio 2010

Nel buio della navata della chiesa (ci sono alcune chiese a Teramo che sono incredibilmente buie) il fonte battesimale si scorge appena (e, poiché la navata in fondo è spoglia, almeno spicca). Ma è lì, è lì intorno che si riuniscono alcuni parenti, fra cui i nonni e i genitori, per impartire il battesimo ad una creatura. E’ un infante. Non è proprio un neonato. E’ a questo che pensa il prete che si appresta a somministrare il sacramento? Pensa, forse, che s’è colpevolmente lasciato passare troppo tempo dalla nascita al momento in cui si è deciso di battezzare il bambino? Vuol far pesare questo ritardo? Nell’ambito della riforma protestante, in Germania, coloro che si chiamavano “fratelli in Cristo” (e che poi i loro nemici chiamarono “anabattisti”) ritenevano che il battesimo dei neonati, ricevuto per volontà altrui e per interposta persona, fosse nullo e pertanto lo si dovesse impartire solo a persone adulte e consapevoli. Ma il prete che si avvicina in quella chiesa di Teramo per battezzare un bambino che ha già tre o quattro mesi forse ritiene che il battesimo vada impartito il più breve tempo possibile dopo la nascita, per evitare… per evitare che cosa? Per evitare che del bambino si impadronisca il peccato? E quale peccato può commettere un bambino di appena tre mesi di vita? O per eliminare il prima possibile il peccato dei suoi genitori? E quale peccato? Quale peccato possono aver commessi i genitori di un bambino così bello? Ma quello… sì… quello. Perché quel bambino è stato concepito con un peccato. Perché un atto sessuale, sia pure consumato tra due persone sposate e a fini procreativi, è sempre un peccato. Lo è agli occhi di quel prete. E’ scritto: “Concepirai con peccato…”. Si parla del “peccato originale”. Quel prete deve ritenere che il “peccato originale” sia stato un atto sessuale compiuto da Adamo ed Eva contravvenendo ad un comando di Dio e che in quello, cedendo alla tentazione del serpente (il Diavolo) consista il “cogliere la mela” (il frutto proibito) e mangiarla insieme. Quel prete trascura il fatto che “il peccato originale” è tutt’altra cosa, che non se ne parla né nel testo biblico, né nell’antico testamento né nel nuovo, ma nel capitolo terzo del libro della Genesi, ma che in ogni modo rappresenta tutt’altro significato (piuttosto la disobbedienza a Dio in quanto tale, o il volersi fare suo pari) da quello che egli mostra di volergli attribuire quando, nell’impartire il battesimo al bambino, fa uno strano discorso, che lascia esterrefatti gli astanti, dotati di buona cultura e perciò in grado di capire la castroneria che sta dicendo, pur avendo in mano oggetti sacri e l’intenzione di esprimere una sacralità che non gli appartiene. Dice che quel bambino ha “il diavolo in corpo”, che il diavolo risiede nel suo corpo e che, ricevendo il battesimo, quel corpo indemoniato sarà liberato dal demonio e finalmente mondo di ogni peccato. Ecco un battesimo trasformato in un rito da esorcista, ecco un prete che si trasforma in un soteriologo d’accatto. Ecco un’innocente creatura di appena pochi mesi trasformato in un ricettacolo di demoni, uno stato di larvata beatitudine e di purezza trasformato in uno stato di possessione diabolica, dal quale l’acqua santa, cosparsa sul capo dell’indemoniato, caccerà, rimandandolo negli inferi, i diavoli che se ne sono impossessati. Quanti sanno che in una chiesa di Teramo si somministra il battesimo in questo modo? Lo sanno le autorità ecclesiastiche? Lo sa il Vescovo? E se questo prete interpreta in questo modo il battesimo, in che altro strampalato e nefasto modo interpreterà altri pur importanti atti sacramentali da lui compiuti? Posto che si è fatto capo e punto di riferimento di una specie di comunità neo-catecumenale (ma sarebbe meglio dire neuro-catecumenale), quanti danni psicologici, morali, culturali e intellettuali sta arrecando agli aderenti alla sua comunità? Sono allibito. E mi chiedo fino a qual punto possa arrivare una tale distorta visione della religione e del suo significato.