Il corrosivo del 3 febbraio 2009 

Io le definirei, anzi, le definisco senz’altro, “proposte indecenti”. Se le candidature (e non mi riferisco soltanto a quelle a sindaco di Teramo) saranno alla fine quelle che si vanno vociferando (e non mi riferisco tanto e soltanto alle prime schede che sono arrivate a “La Città” per il Totovoto che è stato lanciato da qualche giorno), non possono che essere definite in questo modo e in questo modo le definiranno gli elettori, forse rifiutandole. Non ne ho la certezza, perché nel passato candidature altrettanto e forse più indecenti non sono state rifiutate dall’elettorato abruzzese e teramano in particolare, e al contrario sono state premiate in misura direttamente proporzionale al coefficiente di indecenza. Ma questa volta, forse, l’elettore medio si è fatto più scaltro, o forse è più arrabbiato, per poter digerire alcune proposte inaccettabili.  L’indecenza delle proposte non consiste soltanto nella pochezza degli uomini, e delle donne, di cui si vociferano i nomi, né, in qualche caso, nella totale assenza di esperienze politico-amministrativa, né consiste nella scarsa dotazione di qualità e di preparazione che renderebbe esiziale un’eventuale elezione. Quanto piuttosto nella natura assolutamente contraria ad ogni carisma positivo di alcuni bagagli, chiamiamoli culturali, di alcuni soggetti, personaggi di terza, quarta e quinta fila, che non si capisce bene perché, all’improvviso, e senza alcun merito, hanno abbandonato il ruolo fin qui avuto di comprimari e pretendono di poter essere qualcosa di più di umili figuranti, per rivestire i panni dei protagonisti, come se essere stati a lungo all’ombra dei protagonisti avesse reso protagonisti anche loro. L’impudenza degli uomini non ha limiti, così come la sopravvalutazione delle proprie capacità. In politica ciò porta e induce a sgomitare per andare a rivestire ruoli per i quali non si ha alcuna competenza. L’impudenza diventa spudoratezza e da qui deriva l’indecenza di certe proposte. Nelle elezioni dove esiste ancora la possibilità di esprimere le preferenze l’elettore ha la bacchetta magica con cui promuovere e condannare. Purtroppo in quelle in cui sono i partiti a formare le famigerate “liste bloccate” non ha possibilità di scelta e non può che accettare o respingere le proposte in blocco. Per restringere la mia riflessione al comune e alla provincia di Teramo, dirò che per il primo scenario entrambi gli schieramenti, sia quello di destra che quello di sinistra, hanno non lievi problemi. La destra (lasciate che non chiami in causa anche il centro come suffisso separato da un trattino, perché il centro sia per la destra che per la sinistra è un  orpello pleonastico) ha la sindrome della vedovanza: i migliori sono partiti per la guerra (con obiettivo il risanamento morale, economico ed amministrativo della Regione Abruzzo) e a difendere il fortino sono rimasti i mediocri, dalla mira fallibile e dalla scarsa virtù strategica. Chi è rimasto mira ed ambisce ad affacciarsi dai merli con la sicumera di chi pensa di potere la stessa efficacia di chi non c’è più, ma senza averne il carisma necessario. La sinistra, ringalluzzita dal miraggio di una più facile battaglia ora che non ci sono più a difendere Troia né Ettore né Paride, va cercando con la lanterna di Diogene un uomo da sottrarre all’infausto destino che travolse Befacchia, qualche Achille o, in assenza qualche Patroclo, con cui almeno tentare di spaventare il nemico, se non proprio travolgerlo sotto i propri assalti. Ma sia l’uno che l’altro schieramento cerca nelle proprie file il campione audace a cui affidare il compito di conquistare il sacro Graal, ma con il timore di mettere in groppa al destriero da capo non un Cid Campeador, ma il suo cadavere, tenuto su con le corse perché possa dare l’impressione di essere vivo e temibile. Nello scenario delle elezioni provinciali è la sinistra a temere che questa volta il proprio fortino possa essere espugnato, sia per la tendenza di cui favoleggia il vento che tira sia per quanto si è perduto in credibilità e in efficienza sotto il dominio del Duca Ernino, quasi del tutto spodestato dai propri vassalli. In questa ridda di timori e di tremori, di avide speranze e di invereconde immodestie, avanzano proposte di candidature, finora solo vociferate, che si fa fatica a non trovare indecenti. Per favore, seguiamo il precetto: vestiamo gli ignudi!